Rete meridione

lunedì 10 novembre 2008

RIFIUTI LEGALITA' E DEMOCRAZIA

Le osservazioni delle Assise della Città di Napoli e del Mezzogiorno sulle
"Linee programmatiche2008-2013 per la gestione dei rifiuti urbani"
Le Assise della Città di Napoli e del Mezzogiornod'Italia, riunitesi domenica 2 novembre 2008 in PalazzoMarigliano in seduta straordinaria insieme a numerosicomitati cittadini e associazioni ambientaliste, molti deiquali riuniti nel Coordinamento Regionale rifiuti(Co.Re.Ri.), hanno commentato le "Linee programmatiche2008-2013 per la gestione dei rifiuti urbani", formulando leseguenti osservazioni:Le "Linee programmatiche" elaborate dalla Giunta regionale, di concerto con l'Assessorato all'Ambiente, sonostate adottate in assoluta violazione del diritto di partecipazione così come previsto dalla Convenzione di Aarhus e questo mentre è in corso, da diversi mesi, la costituzione di un Forum regionale, che ha come sua ragion d'essere proprio l'applicazione della suddetta Convenzione. Pertanto fin da ora si fa presente che tutti gli atti adottati in forza e in riferimento alle suddette "Linee programmatiche" in violazione della Convenzione di Aarhus sono da ritenere illegittimi e disapplicabili direttamente dalla magistratura civile e amministrativa. Si invita dunque la Giunta regionale alla riformulazione immediata delle suddette "Linee programmatiche" e a tal fine si chiede che il diritto di partecipazione, così come previsto anche dalla Costituzione italiana, sia reso effettivo fin dalla prima fase elaborativa. Nel merito "Le linee programmatiche" non considerano affatto lo stato della salute delle popolazioni campane e la condizione tragica in cui versano molte aree rurali del nostro territorio, oggetto di sversamenti illegali e legalidi rifiuti tossici, speciali, pericolosi e tal quali. Per una situazione ritenuta grave da tutte le maggiori organizzazioni scientifiche nazionali e internazionali (CNR,OMS, etc.) discariche, inceneritori e le cosiddette"ecoballe", sostanza delle discusse "Linee programmatiche", non sono la scelta ottimale. In Italia, ormai da anni, al ciclo integrato dei rifiuti, incentrato sulla pratica dello "smaltimento" e finalizzato al recupero energetico, si è sostituito il concetto della filiera dei materiali, incentrata sulla pratica della "gestione" e finalizzata al recupero della materia. In questo tipo di gestione basta una raccolta differenziata di umido e secco, impianti di vagliatura e selezione meccanica, impianti di recupero del residuo. Non ultima la Sardegna si sta adeguando a questo modello. Tutto ciò avrebbe un costo ambientale e sociale pari a zero e peserebbe decisamente di meno sull'erario pubblico e sui fondi europei.
Nicola Capone
Segretario generale delle Assise della Città di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia
Alberto Lucarelli
Presidente del Comitato scientifico delle Assise della Città di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia
Co.Re.Ri ( Coordinamento Regionale Rifiuti)

La comunità cristiana di base san Paolo di Roma scrive a Roberto Saviano

LETTERA APERTA A ROBERTO SAVIANO

Caro Saviano,
vogliamo manifestarti la solidarietà della nostra comunità cristiana di base di san Paolo di Roma.
Per questo abbiamo deciso di dedicare la preghiera eucaristica di domenica 9 no­vembre ai "testimoni scomodi" fra i quali ti abbiamo riconosciuto.
Abbiamo quindi inserito accanto alle letture bibliche anche un brano del tuo "Go­morra" nella speranza che questo piccolo gesto di condivisione ci aiuti a non esse­re indifferenti e a non rinnegare l'amicizia coi giusti.
La comunità cristiana di base di san Paolo Roma

9 novembre 2008


Rifiuti e carcere

Carcere per chi Abbandona Rifiuti - Odore di Truffa
di Alessio Viscardi

E' da poco entrato in vigore il Decreto che punisce con il carcere coloro che abbanandonano Rifiuti Ingombranti per strada. La norma ha la chiara finalità di punire severamente chi si macchia del deprecabile reato di inquinare il territorio campano. Infatti, nella piena tradizione delle Leggi Ad Personam, questo è un Decreto Ad Regionem in quanto applicato soltanto in Campania. E dato che nel nostro paese esiste ancora una Costituzione che sancisce il principio per cui "la legge è uguale per tutti" sono in molti - come i Presidenti della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre e Valerio Onida - a contestarne la legittimità costituzionale.
Dove sta l'inghippo? In Italia esiste già un reato che punisce con il carcere chi smaltisce illegalmente i rifiuti. Tale provvedimento è rivolto principalmente contro le organizzazioni criminali che si occupano della Sversamento Illegale di Rifiuti Tossici ed Industriali.
La nuova norma - fortemente voluta da Bertolaso (quello delle discariche il cui percolato veniva coperto da materiali di risulta per avere un aspetto migliore all'occhio del cittadino) - si rivolge a chi, nel suo piccolo di privato, abbandona per strada mobiletti inutilizzati, tv rotte e frigoriferi ormai caldi. Non a caso i primi arresti, come quelli di Vitale Varchetta, hanno assicurato alla giustizia pericolosi elementi che inquinavano con le proprie lastre di ferro un territorio martorizzato soprattutto dall'amianto delle industrie.
A questo punto uno potrebbe anche domandarsi a cosa servono due norme che puniscono lo stesso reato. Se oggi un camorrista viene beccato a far scaricare immondizia tossica, viene arrestato ed accusato ai sensi del Decreto ultimamente promulgato. Dato che questo stesso Decreto è probabilmente illegittimo, verrà prima o poi abrogato, e retroattivamente chiunque sia stato incarcerato verrà rilasciato perché il fatto non consiste più reato. Anche i camorristi arrestati, e che ai sensi della vecchia normativa sarebbero stati accusati di Smaltimento Illegale di Rifiuti, verranno rimessi in libertà.
Per interpretare questo provvedimento abbiamo due chiavi di lettura. La prima, inquietante, è che il Governo cerchi di fare favori alla Camorra, forse come ringraziamente per lo smaltimeto dei rifiuti ordinari (quelli scomparsi dalle strade e che nessuno sa che fine abbiano fatto). La seconda, più inquietante, è che il Governo abbia preso l'ennesima svista e che per realizzare una legge-spot che richiamasse clamore mediatico, abbia messo in mano ai veri criminali un'arma potente che garantirà loro l'impunità.



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sabato 8 novembre 2008

ANCORA SUI RIFIUTI


NAPOLI: IMMONDIZIA ED OBESITÀ DUE FACCE DELLA SUA MODERNITA’
di Sergio Vellante

La febbre, in questo caldo sabato di fine settembre, non mi ha permesso di andare alla manifestazione di Chiaiano contro l’apertura della discarica, ma mi sta dando l’occasione di metteremano a questo articolo per Decanter. Purtroppo mentre scrivo, giungono notizie di scontri di piazza che diffuse in modo “falsamente asettico” fanno apparire i manifestanti una banda di scalmanati. Iquali vogliono mettere in discussione “il miracolo” dello smaltimento dei rifiuti fatto a Napoli da Berlusconi-Bertolaso e avviato da Prodi-DiGennaro-Bassolino. Miracolo di cui, a “Porta a Porta” ed in altre trasmissioni tv, tutti ne rivendicano i meriti. Una rappresentazione efficace del detto napoletano che troppi “galli cantano ncoppa a munnezza”, nascosta ma non eliminata. Intanto si riproduce quella dura realtà che mette in discussione il diritto alla vita dei cittadini napoletani sospinti nelle aree periferiche come Chiaiano. Altro che questione ambientale! Ci si trova di fronte ai nuovi e violenti termini di una “Questione Meridionale”, riguardante tutti i “Mezzogiorni” d’Europa, e su cui la quasi totalità delle forze della cultura e delle classi dirigenti non indaga e non elabora più autonomamente rendendosi succube di un’egemonia culturale – gramscianamente intesa – nata, cresciuta e pasciuta altrove, dettata da potentati economici, ma perfettamente incompatibile con la società ed il territorio del Mezzogiorno. Un’incompatibilità che, come sottolineato in un precedente contributo, risiede in quel modello di produzione e di consumo, ad altissima entropia e di inconcepibile spreco energetico. Un modello che sta scardinando l’equilibrio territorio-produzione maturato nella storia del rapporto uomo-natura a livello planetario. E che contemporaneamente alimenta quelle pesanti contraddizioni tra cambiamenti climatici e distruzione delle risorse naturali, tra insalubrità da iperalimentazione ed espansione della fame nel mondo, ed infine tra efficienti tecnologie distruttive della natura ed inefficienti tecnologie poste a difesa dell’umanità dalle reazioni della natura stessa (l’avanzatissimo armamentario bellico degli USA nulla ha potuto contro la distruzione di New Orleans determinata dall’uragano Katerina potenziato dall’indotto dissesto ambientale).
Uno scardinamento dell’equilibrio territorio produzione che: innanzitutto nelle aree deboli
ed interne si manifesta con quel continuo dissesto idrogeologico generatore perenne di frane
riparate curando gli effetti, ma non rimuovendone l’origine; in secondo luogo nelle aree forti si
concretizza in un’erosione delle biodiversità e dei patrimoni genetici combinata con una crescita di processi produttivi, prevalentemente internazionalizzati e ad alta intensità industriale. Processi che generano un forte impatto ambientale, uno scarso assorbimento occupazionale, se non addirittura la diffusione di disoccupazione, ed una quasi distruzione di quel sistema di piccole e medie imprese legato alle variegate risorse del territorio. Si diffonde, così, a livello globale un modo di produzione e di consumo permeato sia dalla cosi detta macdonaldizzazione1 dell’alimentazione domestica e collettiva che dalla cosi detta carrefourizzazione2 della distribuzione dei beni di primaria necessità.
1 << Ho usato il termine "macdonaldizzazione"dice George Ritzer: (Il mondo alla Mcdonald's, il Mulino, 1997.) per descrivere il processo con cui tali princìpi si sono diffusi in tutta l'industria del fast food, in altri settori della società americana e in misura crescente in altre società del mondo. L'enorme popolarità di questo modello riflette il fatto che ha molto da offrire, ma comporta anche una serie di problemi, tra cui l'eccessiva importanza data alla velocità e alla quantità a scapito della qualità, lo scarso o nullo interesse per beni e servizi unici e la riduzione, fino all'eliminazione,
della manodopera specializzata. Implicazioni di espressioni quali "fast food" e "cibo spazzatura", sono solitamente associati a tale processo>>. Nei fatti si tratta di strategie aziendali che, dando per scontato la saturazione alimentare e l’opulenza degli stili di vita delle popolazioni dei paesi del primo mondo, offrono a prezzi più che accessibili il cibo - standardizzato, sempre più artificializzazato (modifica fisico chimica dei componenti originari) ed energeticamente
eccedente i fabbisogni nutrizionali (insalubrità del sicuro alimento) - ed altri consumi primari.
2 Il modello MacDonald, di ristorazione collettiva ha pervaso anche i consumi alimentari domestici che si fanno pervenire sul tavolo della gran parte dei consumatori attraverso la GDO (grande distribuzione organizzata) in cui domina, a livello europeo, il gruppo francese della Carrefour. Di qui il termine di carrefourizzazione che è relativo alla distribuzione effettuata su larga scala ed a prezzi contenuti ed accessibili alle classi di reddito più basse. Il che comporta
l’uso di imballaggi (shit packging) che curano solo gli aspetti estetici del marketing ma di scarsa qualità rispetto alla
Un perverso meccanismo che genera quell’ossimoro dell’infelice benessere economico
contrassegnato dalla forte diffusione dell’obesità, delle spazzature e delle perenni emergenze
territoriali.
Da questo punto di vista Napoli, capitale virtuale dei Mezzogiorni Europei nonché luogo
dove si concentrano tutti i nuovi termini di una “Questione EuroMeridionale” (inclusiva di quella
Settentrionale?), è la città emblema: investita in modo relativamente maggiore, rispetto alle altre
metropoli europee, dai fenomeni di macdonaldizzazione e carrefourizzazione realizza il triste
primato non solo per la produzione di rifiuti solidi urbani, ma soprattutto per la diffusione
dell’obesità dei bambini e degli adolescenti. Due tragedie che hanno tra di loro un forte
concatenamento e di cui non si cerca d’individuarne le cause e rimuoverle, ma semplicemente di
gestire gli incurabili effetti per consolidare interessi leciti ed illeciti. Ciò per incentivare, attraverso il degrado ambientale e sociale del Mezzogiorno, una crescita economica ed un’espansione del PIL che come ammoniva Giorgio Amendola trentatre anni fa (in una lucida intervista sull’antifascismo, ripubblicata in questi giorni dall’Editore Laterza) non è “sviluppo”. Questa forte consapevolezza meridionalistica che permeava allora il Partito Comunista Italiano e le altre forze socialiste e democratiche del Mezzogiorno, è stata oggi colpevolmente abbandonata a favore di un riduzionismo culturale “ incapace d’intendere e di volere con la propria testa”. Per tale ragione la risoluzione dello smaltimento dei rifiuti in Campania non può venire: né da chi punta sull’incenerimento e lo stoccaggio in CDR non ritenendo sempre necessarie le fasi di
differenziazione e riciclaggio (vari commissari e vari governi); ne tanto meno da chi punta a
realizzare un piano industriale importabile dal nord Italia ed incentrato sulla differenziazione, il
riciclaggio e la riutilizzazione (l’attuale Assessore all’Ambiente della Regione Campania Ganapini
e l’economista ambientale Guido Viale) riducendo l’incenerimento e lo stoccaggio. I motivi di
questa improbabile risoluzione del problema, tralasciando quelli di natura teorica volti ad ipotizzare un impossibile azzeramento dei rifiuti, risiedono in un deficit analitico riguardante l’evoluzione dei consumi di primaria necessità nel Mezzogiorno a partire dagli inizi degli anni ’80. Infatti in questi anni giungono a maturazione gli effetti delle politiche keynesiane di sostegno alle fasi storiche della ricostruzione, dopo la seconda guerra mondiale, e del miracolo economico che avevano ridotto le distanze economiche (abbattimento delle gabbie salariali) tra Nord e Sud del Paese. Una riduzione di distanze concretizzatasi nel fatto che, pur persistendo una differenza nei redditi medi pro-capite tra i cittadini meridionali e quelli del resto del paese, era stata raggiunta una “saturazione alimentare e primaria” nel senso che non si moriva più di fame ed era garantito il consumo dei beni di primaria necessità. Consumi e bisogni che erano soddisfatti da un tessuto produttivo e da un sistema distributivo prevalentemente di origine locale ma che non ha retto alla concorrenza internazionale delle grandi multinazionali che iniziavano a generare i fenomeni di macdonaldizzazione e carrefourizzazione prima richiamati. Non va inoltre trascurato che in quell’epoca l’affermazione delle politiche neoliberiste (o Thatcheriane) in Italia si concretizza con l’abolizione della scala mobile sui salari dei lavoratori. E ciò riporta le distanze di reddito tra Nord e Sud ai valori precedenti al 1980 che tuttavia persistono anche ai giorni nostri pur essendo cresciuta la ricchezza del paese.
Tale persistente distanza fra i redditi, come dimostrano studi che sto ultimando, ha generato,
a Napoli, più grande sistema metropolitano del Mezzogiorno, e sta generando, nei grandi sistemi
urbani di Palermo e Catania, una composizione dei consumi primari foriera di un tasso di crescita
dell’obesità e del volume dei rifiuti solidi urbani quasi doppio rispetto a quello di Milano e
Bologna.
Tali studi fanno, infatti emergere, che nel 1980 la saturazione alimentare era garantita, in
termini di kilocalorie, da una reintegrazione energetica di 2000 unità (ad es. 500 gr. polpette) e da un spreco in rifiuti di 200 unità (carta oleata come contenitore). Fornivano tali energie cibi più
genuini, non elaborati chimicamente ed ottenuti in gran parte dai sistemi produttivi locali e che non biodegradabilità, il riuso, il riciclaggio e perfino l’incenerimento dei rifiuti. Tutto ciò si manifesta in modo più accentuato dove dominano – come nel Mezzogiorno – redditi pro-capite più bassi rispetto alla media europea.
ponevano complessi problemi di tracciabilità rispetto alla provenienza aziendale e territoriale.
Notevolmente differente è tale situazione ai giorni nostri, quando la reintegrazione energetica si
attesta in media sulle 2400 kilocalorie (ad es. 500 gr di hamburger: junk food emblema della
macdonaldizzazione) grazie all’uso di quei cibi ipercalorici, ed artificializzati prima richiamati. In
pratica in questi quasi 30 anni i consumi calorici di base hanno subito un incremento del 20%
creando quel fenomeno di un’obesità sociale per cui si mangia, ci si gonfia ma non ci si nutre. Più
grave è tuttavia la situazione riguardante le chilocalorie destinate allo spreco (es. contenitori degli
hamburger in polistirolo espanso: lo shit packging emblema della carrefourizzazione) ed alla
produzione di rifiuti. Infatti se nel 1980 lo spreco di calorie era soltanto il 10% rispetto a quelle
utili, oggi tale percentuale sale al 300% creando la condizione che per ogni unità calorica utile se ne sprecano 3 in termini di energie non rinnovabili. Quindi data una parità dei prezzi impliciti relativi del 1980 con quelli di oggi, attualmente la spesa per i beni di primaria necessità (pari ad un totale di 9600 chilocalorie contro un totale di 2200 nel 1980) si sostanzia per i ¾ nell’acquisto di merci destinate allo spreco e per ¼ nell’acquisto di quelle utili. Con l’aggravante che queste ultime, non più di provenienza locale ma dalle zone del mondo in cui si realizzano costi del lavoro più bassi e profitti più alti, pongono seri problemi di tracciabilità aziendale e territoriale. Merci che, certificate di qualità standard da apparati tecnico-scientifici legati agli interessi dei produttori e non dei consumatori, abbinano alla diffusione cronica dell’obesità lo scoppio di gravi malattie come la BSE o “mucca pazza”, la peste suina e l’aviaria per restare a quelle più di moda.
Questi sin qui presentati sono dei dati strutturali connessi a situazione estreme tipiche dei
sistemi produttivi e distributivi dell’impresa manifatturiera internazionalizzata e della GDO (Grande distribuzione organizzata). Tali strutture tuttavia operano competitivamente sul mercato e raggiungono con prezzi accessibili anche quei segmenti dove viene espressa la domanda di beni di primaria necessità dalle classi di reddito più basse. E qui offrono quel junk food e shit packging approfittando del fatto che operano in una condizione di quasi oligopolio. Ciò determina una composizione dei consumi molto differente da quella realizzata nelle aree ricche. Dove, esistendo una maggiore competitività da parte di piccole e medie imprese che producono maggiore qualità, la GDO non gode dei vantaggi competitivi come nell’altro caso.
In questi dati di fatto prosperano l’emergenze (ma sono tali o un dato strutturale della
realtà?) rifiuti ed obesità a Napoli. Qui in media ogni cittadino dispone di circa 500 € al mese per i consumi primari, differentemente dal milanese che né ha 900. Così più dell’80% della spesa a
Napoli e nel Mezzogiorno viene realizzata, per la maggiore accessibilità dei prezzi, presso la GDO,
mentre molto meno del 45% a Milano. Quindi Napoli si avvicina sempre di più al limite di quelle
9600 chilocalorie che per il 75% generano rifiuti dopo il consumo mentre Milano se ne distanzia in basso. Infatti le stime dicono che quando un consumatore napoletano ritorna a casa dopo la spesa il suo sacchetto di 10 litri contiene in media circa 4 Kg di merci, mentre quello del milanese ne contiene tra i 7 e gli 8. Tali stime elaborate al momento della spesa e prima della produzione di
rifiuti, sono state sottoposte ad una verifica empirica, fatta pesando i sacchetti di spazzatura
prelevati a campione dalle strade di Napoli e Caserta. I risultati di tale verifica, hanno addirittura
fatto emerger che ogni 10 litri di spazzatura pesano meno dei 4 kg. stimati. Un ulteriore conferma che, in Campania e nel Mezzogiorno, quando tecnicamente si affronta il problema dello
smaltimento dei rifiuti non bisogna ragionare in termini di peso ma di volumi. E bisogna essere
altresì consapevoli che ogni cittadino campano pur producendo, secondo i dati del Commissariato,
485 kg. pro-capite per anno riversa nei contenitori 1213 litri mentre quello lombardo producendone di più per un valore di 503 kg. pro-capite riversa nei contenitori solo 628 litri che ne è circa la metà.
Un dato strutturale quest’ultimo che rende arduo, se non impossibile e forse incompatibile,
l’applicazione di modelli di smaltimento di rifiuti che hanno avuto successo al Nord. Ciò tanto per
quelli ad alta entropia ed alto impatto ambientale che puntano sull’incenerimento e lo stoccaggio,
quanto per quelli di più bassa entropia che puntano sulla differenziazione, il riciclaggio, il riuso ed il compostaggio. Due modi di smaltire i rifiuti apparentemente alternativi ma che sostanzialmente si muovono nell’ottica dell’ulteriore sfruttamento delle risorse naturali ed umane al di fuori dei luoghi di lavoro per garantire ricchezza aggiuntiva a chi lecitamente (determinate imprese e determinati professionisti) ed illecitamente (camorra e mafia) gestisce questo modo di produzione che attacca tutte le forme di vita del pianeta. Un attacco che nel Mezzogiorno assume i drammatici connotati di queste strutturali emergenze non recepite pienamente da chi non lo vive. E che sostanzialmente non è in grado di verificare quanto sia difficile differenziare il 60 o 70 % del volume dei rifiuti.
Un dramma questo dei rifiuti che è un aspetto non irrilevante della Questione Meridionale
dei nostri tempi e che utopisticamente è di facile risoluzione. Basterebbe un decreto legge che
proibisse l’uso di contenitori non riutilizzabili (addio allo shit packging) e nell’area metropolitana di Napoli scomparirebbe come d’incanto più del 70% della monnezza. Si creerebbe inoltre una virtuale barriera all’entrata ai cibi obesizzanti (junk food) che necessitano dello shit packging per essere spostati da una parte all’altra del mondo. Si darebbe cosi spazio al rilancio delle produzioni di origine locali che innovate, con l’inclusione delle culture tecnologiche maturate nella storia dei
luoghi, potrebbero riequilibrare il rapporto territorio produzione prima della distruzione definitiva dell’ambiente. Un’utopia che comporterebbe innanzitutto la dissoluzione di quel “blocco storico” tra industria del nord e camorra, cementato dallo smaltimento dei rifiuti tossici in Campania e descritto magistralmente da Roberto Saviano in Gomorra ed evidenziato efficacemente nell’omonimo film di Garrone. Un’utopia che il Meridionalismo Socialista e Democratico deve raccogliere a piene mani e liberarsi da incompatibili egemonie culturali esogene se vuole che il Mezzogiorno partecipi al processo di unificazione europea con le sue peculiarità storiche, sociali ed ambientali.

martedì 21 ottobre 2008

Due morti diverse ma il significato è lo stesso

Una lettera dal Guatemala
di Gerardo Lutte *

E' deceduta l'altro ieri in ospedale, dopo che un autista ubriaco, intenzionalmente dicono alcuni, l'avesse investito sulla strada dove chiedeva l'elemosina. Rosa, Sofia, Tiziana, Laura e le altrestudentesse che erano venute nel '99 in Guatemala si ricorderanno di lei. L'avevo conosciuta nel 97. Aveva dieci anni, era una ragazza sveglia, intelligente, piena di gioia di vivere, con un sensoincredibile di umorismo. Si vestiva da plagliaccia e andava nei busper guadagnarsi qualche soldo,Nel '98, i commercianti del mercato del quartiere "La Parrocchia" avevano deciso di cacciare il gruppo di una quarantina di bambine, bambini e adolescenti che si erano costruito una capanna nel piccolo parco, non lontano dal mercato. Un giorno, un uomo aveva sparato all'impazzita con un fucile automatico sul gruppo delle ragazze e ragazzi promettendo di tornare per sterminarli tutti. Con l'aiuto di associazioni, avevamo iniziato un dialogo con il comitato dei venditori. Un pomeriggio, c'era una riunione nel mercato e Mishell prese la parola: "Voi, dopo il lavoro avete la fortuna di tornare a casa vostra, ma noi, che siamo stati costretti a lasciare la nostra famiglia per vari motivi, la nostra casa la capanna che volete distruggere. Anche noi abbiamo bisogno di un tetto e la nostra famiglia, ora, quella che vive nella capanna". Tutto detto con una voce chiara e convincente, senza esitazioni, come un oratore nato.Di lei mi tornano in memoria tanti altri episodi. Mi ha annunciato oggi la triste notizia della sua morte, Grecia, compagna di quei tempi gi anziani. Da anni, Grecia vive fuori della strada, ha due figli e per vivere vende creme e lozioni di bellezza che lei stessa fabbrica.Mishell non aveva avuto la stessa determinazione per uscire dalla strada. Era diventata dipendente dal crack, una droga brutta e tenace. Poi aveva avuto una figlia e tentava di vivere lontano dalladroga, un piede dentro la strada e l'altro fuori. Per vivere, custodiva carri o chiedeva l'elemosina. Per anni l'avevo cercata invano e finalmente l'anno scorso era venuta a trovarmi con suasorella minore, anche lei con una lunga storia di strada e con due figli. L'avevo rivista per caso quest'anno e l'avevo invitata a frequentare il gruppo delle quetzalitas. Lei si vergognava. Questoluned, Grecia e sua sorella Jennifer l'avevano convinta a venire la prossima domenica al gruppo delle quetzalitas. Aveva il desiderio di una vita differente. Non far parte delle quetzalitas, ma la voglio vedere come una quetzalitas che ha preso il volo irresistibile verso il sole, le stelle, un mondo di rispetto e di felicit che cercava quando, piccolina, aveva deciso l'avventura della strada. Adesso rimane un'orfana in pi in questo paese dove la morte facile.Grecia, disperata per la morte dell'amica pi cara, ha deciso per amore per lei a convincere la sorella a entrare con i suoi due bimbi a nella casa dell'otto marzo.Oggi vi ho parlato di due partenze: quella di Vittorio Foa a 98 anni e quella di Mishella a 21 anni, due vite segnate dalla ricerca dell'amicizia, della felicit, delal giustizia. Per non giusto morire cos a 21 anni, non giusto vivere così a 21 anni
Gerardo

* Gerardo Lutte, gài ordinario di psicologia dello sviluppo all'Università di Roma La Sapienza, fondatore ed animatore del Mojoca, movimento autogestito dei ragazzi e delle ragazze di strada nella Città di Guatemala. Le quetzalitas sono un gruppo del Mojoca e la casa 8 marzo una casa nella quale vivono insieme una decina di ragazze che sono uscite dalla strada ed i/le loro bambini e bambine

lunedì 20 ottobre 2008

LETTERA APERTA A ROBERTO SAVIANO

IO SONO SAVIANO
di Rosanna Camerlingo*

Caro Roberto
è appena stata resa pubblica la smentita di Schiavone in relazione alle minacce alla tua vita. Gli credi? Gli “uomini di niente” non hanno onore, né umanità. Io non ti conosco personalmente, ma ti conosco attraverso il tuo libro, i tuoi articoli, lo spettacolo teatrale e il film. Io non ti conosco personalmente, ma il tuo urlo è risuonato e risuona dentro di me. Sono nata e vivo in Campania, nella provincia martoriata di Napoli, in quella chiaiano-marano in cui si vuole fare una discarica in pieno centro abitato. Caro Roberto come fare a dirti resta? Infatti ti dico parti, vai lontano da Napoli, dall’Italia, vai e riprenditi la tua vita. Troppo dolore, troppa sofferenza, tutta la negatività che ci hai raccontato è stata aumentata in modo esponenziale dall’indifferenza, dalle difficoltà che hanno blindato la tua esistenza. Vai Roberto, parti, vai lontano da un paese che ha bisogno di eroi, magari morti, da incensare, da santificare, ma quando quegli uomini sono vivi danno fastidio. Danno fastidio alle piccole meschine umanità che sopravvivono a se stessi, agli squali che navigano a vista, agli “uomini di niente” che vogliono farti la pelle. Il sistema si compatta per liberarsi in un modo o nell’altro di un alieno che rischia di far inceppare qualche ingranaggio. Caro Roberto resisti nella forza della vita, parti e sorridi, incontra chi vuoi, come vuoi e quando vuoi, torna a scrivere stando dentro la vita e non guardandola scorrere davanti a te.
Caro Roberto so che sai che tante persone ti vogliono bene come ad un amico intimo, un fratello, un figlio, e chi ti vuole bene non può dirti resta, so anche che siamo con te, che porti dentro la tua terra, che scriverai ancora e scriverai inevitabilmente di te, di noi, della nostra martoriata terra. Forse potrai aiutarci ancora di più o forse no, ma è la tua vita che deve riprendere. Ricorda che sparsi per questa “povera Patria” ci sono tanti “io sono Saviano”e vogliamo urlare insieme a te basta. Solo questo,vogliamo urlare insieme a te perché questa coltre collosa di menzogne e di malaffare possa prima sbrindellarsi, poi dissolversi alla luce della verità.
A noi italiani e campani resta il senso di vergogna per non essere stati in grado di garantire a te e alla tua famiglia un’esistenza normale, mentre gli “uomini di niente” dormono e mangiano spesso nelle loro case, con le loro famiglie e festeggiano i propri compleanni con gli amici. Caro Roberto sogno il momento in cui la gente prenderà coscienza e una grande ondata di indignazione cancellerà “gli uomini di niente” ovunque essi siano, intanto resistiamo e sappiamo che ovunque tu sarai,noi saremo con te, e la nostra terra sarà dentro di te, perché “io sono saviano”.

*insegnante, sociologa e psicologa da Chiaiano-Marano

domenica 19 ottobre 2008

SULLA QUESTIONE NAPOLETANA

E teniamoci la camorra
di Nino Lisi
Per esprimere solidarietà ed amicizia a Roberto Saviano non è bastato che scrivesse Gomorra, e vivesse sotto scorta per alcuni anni.. Ci è voluto che fosse costretto a fuggire dall’Italia per sfuggire al rischio di saltare in aria come Falcone e Borsellino.
Per dichiararci amici, che so, di Sergio Nazzaro, che ha scritto Per fortuna io c’ho la camorra, di Maurizio Bracci e di Giovanni Zoppo, autori di Napoli comincia a Scampia, di Rosario Esposito La Rosa che, frequentando ancora il liceo di Scampia, l’anno scorso ha pubblicato Al di là della neve, dove neve sta per cocaina; o anche di Mirella Pignataro che sempre a Scampia anima il GRIDAS, acronimo di Gruppo di Risveglio dal Sonno, o del circolo di Lega Ambiente di Scampia, La Gru, o della Scuola di Pace che il 18 ottobre dell’anno di grazia 2008 inizia a via Foria un ennesimo “anno scolastico”, quello 2008-2009, cosa aspettiamo? Che siano costretti ad andarsene anche loro?
E quando ci dichiareremo amici delle centinaia di piccole associazioni e gruppi e singoli più o meno anonimi che a Napoli lavorano tutti i giorni per aggregare giovani e non giovani e farli pensare nei “quartieri”, alla”sanità” a “fuorigrotta” e nelle tante zone dove il degrado è maggiore, mettendo oscuramente a repentaglio la pelle? Forse mai, perché lavorano e lottano nel quasi anonimato, sicché se dovessero essere costretti a smettere o ad andarsene anche loro la cosa non farebbe neppure notizia. Solo la loro morte cruenta farebbe notizia. Per poco. E troppo tardi. C’è da augurarsi quindi che non facciano notizia mai, che per sempre nessuno si occupi di loro.
Eppoi, che significa dichiararsi amici?
Cos’è la solidarietà se non poggia su solide basi materiali, se non ci rimbocchiamo le maniche e ci mettiamo a lavorare e lottare con loro quando ancora sono in condizioni di farlo, se non si fatica (e forse non occorrerebbe neppure una grande fatica) per scoprire i legami della camorra con la politica e denunciarli a gran voce. Per questo sì che ci vorrebbe una voce grande ed un coraggio ancora più grande. E chi ce li dà?
Però non limitiamoci a pensare e a dire che il nodo da spezzare sia solo quello dei rapporti tra camorra e politica. Perché se nella politica trova supporti e complicità e nell’ignoranza e nella fame del sottoproletariato trova la sua manovalanza, è nella connivenza palese ed in quella occulta della borghesia napoletana che la camorra trova l’habitat per espandersi.
Connivenza palese che sta nei collegamenti e nei supporti professionali che la camorra vi trova per i suoi traffici. Connivenza occulta che sta in quelle che Michele Prisco nel febbraio del 1990 descriveva cosi: .
.
Si tratta dunque di una realtà complessa ed intricata come mai.
Sì, per cercare di contenere o per lo meno per contrastare la camorra, la magistratura e le forze dell’ordine, ci vogliono (i militari un po’ meno). E’ vero: per ostacolare il ricambio della manovalanza camorristica occorre creare un’altra alternativa ad una povertà che diventa miseria d’animo.
Ma non è solo così che si può sradicare il fenomeno; la soluzione sta altrove.
Va apprestata sul piano della cultura diffusa, per modificare la “particolare filosofia che è alla base del temperamento dei napoletani”, affinché non continui a perpetuare l’endemica inclinazione al malgoverno amministrativo e la carenza di senso civico. Ma chi può farlo? Chi può entrare in gioco mettendo in circuito valori, comportamenti, sensibilità e stili nuovi? .
A Napoli ci sono “casi esemplari”: l’Istituto di Studi Filosofici, il Suor Orsola Benincasa, Napoli 99, ad esempio per ricordare soltanto gli stessi che citava Prisco. Ma sono isole. Felici, ma isole che non incidono sulla “filosofia” di vita dei napoletani, non rompono la incredibile assuefazione della borghesia a tenere insieme arte, filosofia, bellezza, camorra e “munnezza”, non mettono in crisi la sua rassegnata accettazione (che è poi un alibi) dell’esistenza di due città contrapposte, non usano , per dirla con Attilio Wanderlingh, l’editore di Intra Moenia. Il quale aggiunge, e sono pienamente d’accordo, .
Ed allora? Allora occorrerebbe una mobilitazione grande dell’intellettualità diffusa che, con significative ma poche eccezioni, è però generalmente è assente dal problema, inerte. Altrimenti? Altrimenti Napoli resta come è; e se c’abbiamo la camorra ce la teniamo.